domenica 30 luglio 2017

6, 7, 8, 9 agosto 2017

Per fare memoria dei bombardamenti di
Hiroshima, 6 agosto 1945 ore 8.15
Nagasaki, 9 agosto 1945 ore 11.02 
e delle vittime di tutte le guerre, dei vari "terrorismi", delle operazioni "false-flag"...

da Domenica 6 a mercoledì 9 agosto
faremo Presenza a Longare 
dalle 7 alle 11.30

domenica 23 luglio 2017

Diamo difesa civile ad un Paese che brucia (anche le risorse in spese militari)

dalla pagina http://www.azionenonviolenta.it/diamo-difesa-civile-ad-un-paese-brucia-anche-le-risorse-spese-militari/

Era proprio il mese di luglio del 2013 quando – dopo averne parlato in riva al Lago di Garda con Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento – scrivevo per Azione nonviolenta l’intervento preparatorio al XXIV Congresso, nel quale proponevo di assumere come centrale nell’azione del movimento fondato da Aldo Capitini l’avvio di una campagna per la “pari dignità” tra la difesa militare e quella civile, condotta attraverso una grande alleanza tra l’area disarmista, nonviolenta e quella del servizio civile. Fu quanto avvenne al Congresso del gennaio 2014 a Torino, nel quale fu presa la decisione di lavorare alla costruzione dell’Alleanza delle sei reti (Conferenza nazionale Enti Servizio Civile, Forum Nazionale Servizio Civile, Sbilanciamoci, Tavolo Interventi Civili di Pace, Rete della Pace, Rete Italiana per il Disarmo) che a Verona, all'”Arena di pace e disarmo” del 25 aprile di quell’anno, lanciarono la campagna “Un’altra difesa è possibile”.

A quattro anni da quell’articolo e dopo tre anni di impegno, tanto delle Reti e delle Associazioni nazionali quanto (e soprattutto) dei gruppi e comitati locali, la proposta di legge per la difesa civile, non armata e nonviolenta è stata incardinata e calendarizzata presso le Commissioni congiunte Affari Costituzionali e Difesa della Camera dei Deputati. Questo è potuto avvenire sia grazie alle firme raccolte sulla proposta di legge di iniziativa popolare per l’istituzione di un “Dipartimento della Difesa Civile non armata e nonviolenta” presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, promossa dalla campagna “Un’altra difesa è possibile”, sia per la presentazione di un disegno di legge identico da parte di sei deputati di diverse parti politiche (Artini, Basilio, Civati, Marcon, Sberna e Zanin) ai quali si sono aggiunte le firme di un’altra settantina di deputati, sia – infine – grazie alle 21.000 cartoline firmate da cittadini italiani e consegnate dalla Campagna a tutti i deputati che invitavano alla calendarizzazione e al voto della proposta di legge.
Il 13 luglio scorso, dunque, nella riunione congiunta delle Commissioni Affari Costituzionali e Difesa della Camera dei Deputati, è stato incardinato e calendarizzato il dibattito parlamentare sulla proposta di legge n.3484 per la costituzione di un Dipartimento della Difesa Civile non armata e nonviolenta presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. “È un passo decisivo per la Campagna – scrivono le Reti che promuovono Un’altra difesa è possibile  – perché non si era mai arrivati ad ottenere una discussione istituzionale di questo livello sul tema della difesa civile e nonviolenta”. Non che il tema fosse estraneo alle aule parlamentari: vi era entrato con la legge 230/1998 di riforma dell’obiezione di coscienza, era stato confermato dalla legge 64/2001 che istituiva il Servizio civile nazionale e, infine, ribadito con il decreto legislativo 78/2017 che istituisce il Servizio civile universale, finalizzato – appunto – alla “difesa non armata e nonviolenta” della Patria (dove si inserisce anche il progetto sperimentale di “corpi civili di pace” per i volontari in servizio civile, in corso). Tuttavia, adesso non si tratta di una dichiarazione d’intenti scritta in premessa (ed in maniera un po’ generica) ad una legge sul servizio civile, ma di un disegno complessivo che vuole mettere a sistema – sul piano politico, organizzativo e finanziario – un modello di difesa alternativo a quello militare. Che comprenda anche il servizio civile.
Di quanto ce ne sia bisogno lo vediamo anche in questo drammatico luglio, nel quale il Paese brucia sotto la minaccia costante di fuochi, dolosi e colposi, il capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio riconosce al Senato, il 19 luglio, che le risorse per la prevenzione sono quasi nulle e 17 canadair non riescono a rispondere alle centinaia di chiamate. Ciò nonostante, il governo continua nel folle acquisto di 90 cacciabombardieri F35, con costi complessivi che schizzano a quasi 19 miliardi di euro e le Commissioni Bilancio di Camera e Senato – come segnala l’Osservatorio sulle spese militari italiane – hanno appena “dato parere favorevole al decreto della Presidenza del Consiglio, firmato da Gentiloni lo scorso 29 maggio, che destina alla Difesa altri 12,8 miliardi dei 46 miliardi di euro complessivi del “fondo investimenti” quindicennale inserito nella legge di Bilancio 2017. Fondi destinati in gran parte, 8,2 miliardi (non 5,4 come pareva all’inizio) all’acquisizione di nuovi armamenti”. Siamo ormai ad un vero spostamento semantico della parola “difesa” che, mentre sviluppa un offensivo riarmo bellicista, è incapace di difenderci dalle minacce reali e costanti.
Per questo adesso è importante che le donne e gli uomini di buona volontà presenti in Parlamento, sia di maggioranza che di opposizione, votino al più presto – senza stravolgerlo – il disegno di legge per la difesa civile, non armata e nonviolenta che – a partire da uno spostamento di risorse dalle spese militari alla difesa civile, aumentato dal 6×1000 dei cittadini italiani – prevede la costituzione del “Dipartimento della difesa civile, non armata e nonviolenta” con i compiti di difendere la Costituzione, di predisporre piani per la difesa civile, non armata e nonviolenta, curandone la sperimentazione e la formazione della popolazione, di svolgere attività di ricerca per la pace, il disarmo, la riconversione civile dell’industria bellica, di favorire la prevenzione dei conflitti armati, la riconciliazione, la mediazione, la promozione dei diritti umani, la solidarietà internazionale e l’educazione alla pace. E di collaborare con i Dipartimenti della Protezione civile, dei Vigili del Fuoco e della Gioventù e del Servizio civile, all’interno del “Consiglio nazionale della difesa civile, non armata e nonviolenta”.
Insomma si tratta di ridare valore e dignità alla parola “difesa”, sottraendola al monopolio militare che, preoccupato di preparare e fare le guerre – mentre garantisce la difesa ad oltranza dell’industria degli armamenti – lascia il Paese sempre più vulnerabile e indifeso. Ma armato fino ai denti.

Posted by Sono impegnato da molti anni nel Movimento Nonviolento, oggi nella segreteria nazionale, e faccio parte della redazione di “Azione nonviolenta”, rivista fondata nel 1964 da Aldo Capitini (www.nonviolenti.org). A Reggio Emilia, dove ho scelto di vivere, dopo aver partecipato negli anni a “reti”, “coordinamenti” e “campagne” ho contribuito a fondare e ad animare la Scuola di Pace (www.sdp-re.it).

lunedì 17 luglio 2017

Sull'Edificio 7 del World Trade Center...

dalla pagina http://yournewswire.com/cia-911-wtc7/ 

CIA Agent Confesses On Deathbed: 
‘We Blew Up WTC7 On 9/11’



Malcolm Howard, ex agente CIA, ingenere civile ed esperto di esplosivi, oggi pensionato di 79 anni cui restano poche settimane di vita, nei giorni scorsi ha dichiarato di aver fatto parte di una squadra della CIA che nel periodo precedene l'11 settembre 2001 ha pianificato e predisposto la demolizione controllata dell' Edificio 7 del World Trade Center (WTC 7), fatto poi crollare l'11 settembre alle 17.20.

[traduzione alla pagina http://www.maurizioblondet.it/lagente-della-cia-punto-morte-confessa-11-settembre-operazione-interna/]



dalla pagina http://www.butac.it/la-confessione-dellagente-della-cia-sul-wtc7/

NOTIZIA
Un agente della CIA confessa sul letto di morte "Abbiamo fatto scoppiare il WTC7 l'11 settembre"
FATTI
La fonte della notizia è un noto sito di fake news, autore di "scandali" come il Pizzagate, condividere da un sito del genere è come credere alle notizie di Lercio





Anche secondo altri siti specializzati in "bufale" (hoax) la notizia sarebbe falsa e ricalcherebbe un'altra bufala di anni fa: http://www.veteranstoday.com/2017/07/14/wtc7-confess/





Ma allora la notizia è una bufala oppure no?

NON lo sappiamo, MA sappiamo che:
  • l'Edificio 7 è crollato in meno di 7 secondi, praticamente in caduta libera... 
  • un fisico statunitense ha dimostrato per primo che il WTC 7 è crollato nei primi due secondi e mezzo esattamente in caduta libera...
  • un tipo di caduta simile è compatibile solamente con una demolizione controllata
  • ad oggi, 2887 fra ingegneri e architetti perlopiù nordamericani sono convinti che il WTC 7 sia caduto non per effetto del fuoco ma per demolizione controllata e chiedono una inchiesta indipendente. 
Altre informazioni sul 9/11 - 11 settembre: Come l'11 settembre continua a uccidere

Sappiamo inoltre che c'è chi mette in giro (in rete) notizie parzialmente false (fake news, hoax), in modo che qualcun altro possa poi screditare anche quel po' di verità che la notizia comprendeva... 

Quindi, la notizia dell'ex-agente CIA va suddivisa almeno in due parti (e relative domande):
  1. un ex-agente CIA ha ammesso di aver minato l'Edificio 7 (WTC 7)
  2. l'Edificio 7 è crollato a causa di una demolizione controllata. 
Da un punto di vista logico, la verità / falsità della affermazione 1. NON influisce sulla verità della affermazione 2., verità suffragata da dati ed evidenze scientifici, i quali sono comunque negati dall'inchiesta ufficiale e ignorati dai mainstream media... 

mercoledì 12 luglio 2017

LUCI E OMBRE DEL TRATTATO ONU SULLE ARMI NUCLEARI

dalla pagina https://www.change.org/p/la-campagna-per-l-uscita-dell-italia-dalla-nato-per-un-italia-neutrale/u/20778982

Comitato promotore della campagna #NO GUERRA #NO NATO
Italia
10 lug 2017 — Manlio Dinucci

Il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, adottato a grande maggioranza dalle Nazioni Unite il 7 luglio, costituisce una pietra miliare nella presa di coscienza che una guerra nucleare avrebbe conseguenze catastrofiche per l’intera umanità.

In base a tale consapevolezza, i 122 stati che l’hanno votato si impegnano a non produrre né possedere armi nucleari, a non usarle né a minacciare di usarle, a non trasferirle né a riceverle direttamente o indirettamente. Questo è il fondamentale punto di forza del Trattato che mira a creare «uno strumento giuridicamente vincolante per la proibizione delle armi nucleari, che porti verso la loro totale eliminazione».

Ferma restando la grande validità del Trattato – che entrerà in vigore quando, a partire dal 20 settembre, sarà stato firmato e ratificato da 50 stati – si deve prendere atto dei suoi limiti.

Il Trattato, giuridicamente vincolante solo per gli stati che vi aderiscono, non proibisce loro di far parte di alleanze militari con stati in possesso di armi nucleari.

Inoltre, ciascuno degli stati aderenti «ha il diritto di ritirarsi dal Trattato se decide che straordinari eventi relativi alla materia del Trattato abbiano messo in pericolo i supremi interessi del proprio paese». Formula vaga che permette in qualsiasi momento a ciascuno stato aderente di stracciare l’accordo, dotandosi di armi nucleari.

Il limite maggiore consiste nel fatto che non aderisce al Trattato nessuno degli stati in possesso di armi nucleari: gli Stati uniti e le altre due potenze nucleari della Nato, Francia e Gran Bretagna, che possiedono complessivamente circa 8000 testate nucleari; la Russia che ne possiede altrettante; Cina, Israele, India, Pakistan e Nord Corea, con arsenali minori ma non per questo trascurabili.

Non aderiscono al Trattato neppure gli altri membri della Nato, in particolare Italia, Germania, Belgio, Olanda e Turchia che ospitano bombe nucleari statunitensi. L’Olanda, dopo aver partecipato ai negoziati, ha espresso parere contrario al momento del voto.

Non aderiscono al Trattato complessivamente 73 stati membri delle Nazioni Unite, tra cui emergono i principali partner Usa/Nato: Ucraina, Giappone e Australia.

Il Trattato non è dunque in grado, allo stato attuale, di rallentare la corsa agli armamenti nucleari, che diviene sempre più pericolosa soprattutto sotto l’aspetto qualitativo.

In testa sono gli Stati uniti che hanno avviato, con rivoluzionarie tecnologie, la modernizzazione delle loro forze nucleari: come documenta Hans Kristensen della Federazione degli scienziati americani, essa «triplica la potenza distruttiva degli esistenti missili balistici Usa», come se si stesse pianificando di avere «la capacità di combattere e vincere una guerra nucleare disarmando i nemici con un first strike di sorpresa». Capacità che comprende anche lo «scudo anti-missili» per neutralizzare la rappresaglia nemica, tipo quello schierato dagli Usa in Europa contro la Russia e in Corea del Sud contro la Cina.

La Russia e la Cina sono anch’esse impegnete nella modernizzazione dei propri arsenali nucleari. Nel 2018 la Russia schiererà un nuovo missile balistico intercontinentale, il Sarmat, con raggio fino a 18000 km, capace di trasportare 10-15 testate nucleari che, rientrando nell’atmosfera a velocità ipersonica (oltre 10 volte quella del suono), manovrano per sfuggire ai missili intercettori forando lo «scudo».

Tra i paesi che non aderiscono al Trattato, sulla scia degli Stati uniti, c’è l’Italia. La ragione è chiara: aderendo al Trattato, l’Italia dovrebbe disfarsi delle bombe nucleari Usa schierate sul suo territorio.

Il governo Gentiloni, definendo il Trattato «un elemento fortemente divisivo», dice però di essere impegnato per la «piena applicazione del Trattato di non-proliferazione (Tnp), pilastro del disarmo». Trattato in realtà violato dall’Italia, che l’ha ratificato nel 1975, poiché impegna gli Stati militarmente non-nucleari a «non ricevere da chicchessia armi nucleari, né il controllo su tali armi, direttamente o indirettamente».

L’Italia ha invece messo a disposizione degli Stati uniti il proprio territorio per l’installazione di almeno 50 bombe nucleari B-61 ad Aviano e 20 a Ghedi-Torre, al cui uso vengono addestrati anche piloti italiani. Dal 2020 sarà schierata in Italia la B61-12: una nuova arma Usa da first strike nucleare. In tal modo l’Italia, formalmente paese non-nucleare, verrà trasformata in prima linea di un ancora più pericoloso confronto nucleare tra Usa/Nato e Russia.

Perché il Trattato adottato dalle Nazioni Unite (ma ignorato dall’Italia) non resti sulla carta, si deve pretendere che l’Italia osservi il Tnp, definito dal governo «pilastro del disarmo», ossia pretendere la completa denuclearizzazione del nostro territorio nazionale.

(il manifesto, 9 luglio 2017)



sabato 8 luglio 2017

Come l'11 settembre continua a uccidere

dalla pagina http://www.ae911truth.org/news/376-news-media-events-how-911-continues-to-kill.html

How 9/11 Continues to Kill

 

Le polveri dalle Torri del World Trade Center implose causano ancora cancro e altre malattie dopo anni


Articolo di Craig McKee
 
Le menzogne possono uccidere. E poche menzogne hanno ucciso più di quelle mascherate da "verità" su ciò che avvenne l'11 settembre 2001.
Oggi, oltre 15 anni dopo il 9/11, esporre quelle menzogne è importante e necessario come sempre. La falsa narrazione ufficiale su ciò che causò il crollo degli edifici del WTC non solo continua a reclamare vittime nella "guerra al terrore" globale, ma le false dichiarazioni sulla qualità dell'aria a Ground Zero l'11 settembre e nelle settimane e mesi che seguirono stanno ancora uccidendo centinaia di persone e ancora facendo ammalare gravemente migliaia di altre.

Il numero di primi soccorritori, di chi ha lavorato per rimuovere le macerie e di residenti della parte sud di Manhattan che hanno subito e subiscono conseguenze non sta diminuendo ma aumentando bruscamente. Anche quelli esposti alla polvere tossica e all'aria contaminata a Ground Zero che non si sono ancora ammalati,  non hanno modo di sapere se quel giorno arriverà prima o poi... 

articolo completo in inglese

11 settembre 2001: I grattacieli non cadono così


250000 persone hanno visto l'articolo riassuntivo di AE911Truth.org [Architetti e Ingegneri per la Verità sull'11 Settembre] dal titolo "15 anni dopo: sulla fisica dei crolli dei grattacieli" pubblicato su EuroPhysics che descrive l'insostenibilità della versione ufficiale relativa ai crolli delle Torri Gemelle (WTC 1 e 2) e dell'Editificio 7 (WTC 7) l'11 settembre 2001.


E’ importante ricordare che il fuoco non ha mai causato il crollo totale di edifici con struttura in acciaio, né prima né dopo l’11 settembre. Avremmo allora assistito ad uno stesso evento senza precedenti per ben tre volte l’11 settembre 2001? Le relazioni del NIST [Istituto Nazionale per gli Standard e la Tecnologia negli USA], che hanno tentato di sostenere quella improbabile conclusione, non riescono a persuadere un numero crescente di architetti, ingegneri e scienzati. Piuttosto, l’evidenza punta in modo preponderante alla conclusione che tutti e tre gli edifici siano stati distrutti da demolizioni controllate. Date le implicazioni di ampia portata, è eticamente imperativo che tale ipotesi diventi oggetto di una indagine veramente scientifica e imparziale da parte di autorità responsabili.

Architetti e Ingegneri per la
Verità sull’ 11 settembre
AE911truth.org - verità sull' 11 settembre
AE911Truth.org
2885 Ingegneri e Architetti affermano che il crollo delle Torri Gemelle (WTC-1 e 2) dell’Edificio 7 (WTC-7) del World Trade Center fu il risultato di demolizioni controllate
   
L’ 11 settembre 2001 per la prima (e ad oggi ultima) volta nella storia dell’ingegneria civile, non 1, non 2 ma ben 3 grattacieli con strutture in acciaio e cemento sarebbero crollati – in modo simmetrico cioé su se stessi,  e praticamente in caduta libera – a seguito dell’impatto di un aereo di linea e conseguente incendio (Torri Gemelle) e, rispettivamente, per un incendio alimentato da attrezzatura e materiali da ufficio (nel caso dell’Edificio 7, WTC-7, di 47 piani) …
La demolizione controllata, che presuppone una lunga e accurata progettazione e l’impiego di potenti esplosivi, rimane l’unica ipotesi logica e plausibile e l’unico modello in grado di spiegare gli eventi dell’11 settembre al World Trade Center, mentre i modelli proposti dalle indagini ufficiali sull’ 11 settembre NON corrispondono alla realtà di come sono avvenuti i crolli:

  • i modelli “ufficiali” proposti [“Pancake collapse” e “Pile driver collapse”] sono di fatto  sbagliati
  • l’unico modello che fino ad ora corrisponde alla realtà dei crolli dei 3 edifici è quello di demolizione controllata, che richiede progettazione e cariche esplosive, come l’organizzazione Architetti e Ingegneri per la Verità sull’11 Settembre AE911Truth.org da anni afferma.

Un semplice ed efficace video è disponibile per illustrare le implicazioni dei vari modelli e la loro corrispondenza o meno ai dati reali: 9/11 Experiments: The Force Behind the Motion.

Il fisico David Chandler ha dimostrato (video) che l’Edificio 7 (WTC-7) è crollato in perfetta caduta libera per circa 2,5 sec (su un totale di 6,5 sec, contro i teorici 6,2 sec di una completa caduta libera); un edificio può crollare in caduta libera o quasi solo nel caso di demolizioni controllate, in cui cariche esplosive eliminano la resistenza offerta dalla struttura stessa dell’edificio (muri, architravi, colonne, …).

"Ri-Pensa l’11 settembre 
 L’evidenza potrebbe sorprenderti"
 
ReThink911.orgReThink911è la campagna internazionale promossa dagli Architetti e Ingegneri USA di ae911truth.org   

La petizione “ReThink911” proposta da AE911Truth.org chiede la costituzione di una commissione di inchiesta, autorevole e indipendente, per indagare sugli eventi dell’ 11 settembre 2001. Finora è stata sottoscritta da 23066 persone.


Lo sapevi che una terza torre 
è caduta l’11 settembre 2001?

11 settembre: la terza torre WTC-7
Si tratta dell’Edificio 7 del World Trade Center crollato alle 5,20 del pomeriggio di quell’11 settembre … eppure non è stato colpito da un aereo, l’incendio che si era sviluppato non era sufficiente a farla crollare, è crollato su se stesso in 6,5 secondi, in caduta libera nei primi secondi, ricercatori indipendenti hanno trovato tracce evidenti di esplosivi molto potenti e ad elevata tecnologia, in uso solo in alcuni laboratori militari…

Ma chi non cerca non può trovare… L’indagine ufficiale ha inizialmente ignorato completamente l’Edificio 7. Successivamente i ricercatori ufficiali hanno proposto dei modelli che però non corripondono al modo in cui gli edifici sono crollati e non hanno investigato l’eventuale uso di materiale esplosivo: non cercandolo non l’hanno trovato!

Anche i mezzi di comunicazione di massa ufficiali (mainstream mass media) hanno volutamente ignorato e superficialmente denigrato anche i tentativi onesti e razionali di ricerca della verità su quanto avvenuto a New York l’ 11 settembre 2001, come ad esempio il New York Times…


Quindi, secondo il NY Times, 2 aerei avrebbero fatto crollare 3 edifici: le Torri Gemelle la mattina e l’Edificio 7 nel pomeriggio…

Se hai ancora dubbi e vuoi più informazioni...
guarda:

  • video di 30 sec sul crollo di WTC-7 da vari punti di vista 
  • video del crollo del WTC-7 confrontato con [altre] demolizioni controllate
  • l’intervista a Richard Gage, fondatore di AE911Truth.org, su C-Span, il canale pubblico della politica USA: guarda il video [doppiato in italiano]
  • i video di Massimo Mazzucco (luogocomune.net/site): 11 Settembre – La nuova Pearl Harbor (l’opera più esaustiva sull’11 settembre!!!) e Il Nuovo Secolo Americano per capire come è nata l’operazione false flag 9/11 (false flag = un attacco attribuito ad altri, nel caso specifico a Osama Bin Laden da un rifugio in Afghanistan…)
  • il film di Giulietto Chiesa, Zero
  • Behind The Smoke Curtain: What Happened at the Pentagon on 9/11, and What Didn’t, and Why it Matters di Barbara Honegger ha ampiamente dimostrato [video in italiano] che quello al Pentagono fu un inside job = auto-attentato e una operazione false flag
  • altri video nella nostra lista video http://presenzalongare.blogspot.it/p/video.html

leggi: 

venerdì 7 luglio 2017

Strategia NATO della tensione

dalla pagina https://www.change.org/p/la-campagna-per-l-uscita-dell-italia-dalla-nato-per-un-italia-neutrale/u/20672698?j=93921

Comitato promotore della campagna #NO GUERRA #NO NATO
Italia
28 giu 2017 — Manlio Dinucci

Che cosa avverrebbe se l’aereo del segretario Usa alla Difesa Jim Mattis, in volo dalla California all’Alaska lungo un corridoio aereo sul Pacifico, venisse intercettato da un caccia russo dell’aeronautica cubana? La notizia occuperebbe le prime pagine, suscitando un’ondata di preoccupate reazioni politiche.

Non si è invece mossa foglia quando il 21 giugno l’aereo del ministro russo della Difesa Sergei Shoigu, in volo da Mosca all’enclave russa di Kaliningrad lungo l’apposito corridoio sul Mar Baltico, è stato intercettato da un caccia F-16 statunitense dell’aeronautica polacca che, dopo essersi minacciosamente avvicinato, si è dovuto allontanare per l’intervento di un caccia Sukhoi SU-27 russo. Una provocazione programmata, che rientra nella strategia Nato mirante ad accrescere in Europa, ogni giorno di più, la tensione con la Russia.

Dall’1 al 16 giugno si è svolta nel Mar Baltico, a ridosso del territorio russo ma con la motivazione ufficiale di difendere la regione dalla «minaccia russa», l’esercitazione Nato Baltops con la partecipazione di oltre 50 navi e 50 aerei da guerra di Stati uniti, Francia, Germania, Gran Bretagna, Polonia e altri paesi tra cui Svezia e Finlandia, non membri ma partner della Alleanza.

Contemporaneamente, dal 12 al 23 giugno, si è svolta in Lituania l’esercitazione Iron Wolf che ha visti impegnati, per la prima volta insieme, due gruppi di battaglia Nato «a presenza avanzata potenziata»: quello in Lituania sotto comando tedesco, comprendente truppe belghe, olandesi e norvegesi e, dal 2018, anche francesi, croate e ceche; quello in Polonia sotto comando Usa, comprendente truppe britanniche e rumene.

Carrarmati Abrams della 3a Brigata corazzata Usa, trasferita in Polonia lo scorso gennaio, sono entrati in Lituania attraverso il Suwalki Gap, un tratto di terreno piatto lungo un centinaio di chilometri tra Kaliningrad e Bielorussia, unendosi ai carrarmati Leopard del battaglione tedesco 122 di fanteria meccanizzata. Il Suwalki Gap, avverte la Nato riesumando l’armamentario propagandistico della vecchia guerra fredda, «sarebbe un varco perfetto attraverso cui i carrarmati russi potrebbero invadere l’Europa».

In piena attività anche gli altri due gruppi di battaglia Nato: quello in Lettonia sotto comando canadese, comprendente truppe italiane, spagnole, polacche, slovene e albanesi; quello in Estonia sotto comando britannico, comprendente truppe francesi e dal 2018 anche danesi.

«Le nostre forze sono pronte e posizionate nel caso ce ne fosse bisogno per contrastare l’aggressione russa», assicura il generale Curtis Scaparrotti, capo del Comando europeo degli Stati uniti e allo stesso tempo Comandante supremo alleato in Europa.

Ad essere mobilitati non sono solo i gruppi di battaglia Nato «a presenza a-vanzata potenziata». Dal 12 al 29 giugno si svolge al Centro Nato di addestramento delle forze congiunte, in Polonia, l’esercitazione Coalition Warrior il cui scopo è sperimentare le più avanzate tecnologie per dare alla Nato la massima prontezza e interoperabilità, in particolare nel confronto con la Russia. Vi partecipano oltre 1000 scienziati e ingegneri di 26 paesi, tra cui quelli del Centro Nato per la ricerca marittima e la sperimentazione con sede a La Spezia.

Mosca, ovviamente, non sta con le mani in mano. Dopo che il presidente Trump sarà stato in visita in Polonia il 6 luglio, la Russia terrà nel Mar Baltico una grande esercitazione navale congiunta con la Cina.

Chissà se a Washington conoscono l’antico proverbio «Chi semina vento, raccoglie tempesta».

(il manifesto, 27 giugno 2017)