sabato 29 giugno 2013

29 giugno: Orazione civile di Emilio Franzina

sabato 29 giugno ore 10.30
piazzale della Vittoria, Monte Berico
orazione civile di
Emilio Franzina
video 
testo completo (a breve) 

mercoledì 26 giugno 2013

NON-Inaugurazione Base USA Dal Molin Vicenza

... se non ti senti parte della "comunità militare di Vicenza" e hai in mente un'altra Vicenza e un'altra Pace:
leggi il Comunicato Stampa
 

raccolta firme per CHIEDERE ALLE AUTORITA' LOCALI DI NON PARTECIPARE alla
INAUGURAZIONE della BASE USA DAL MOLIN a Vicenza (aka Del Din per confondere "le acque"...) 

firma on line  

oppure firma ai banchetti a Festambiente dal 25 al 30 giugno

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sabato 29 giugno ore 10.30
piazzale della Vittoria, Monte Berico

orazione civile
di
Emilio Franzina
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Aviano, la prima linea atomica

da il manifesto 2013.05.24

Il perno occidentale. Negli anni Settanta, è il più importante deposito di bombe nucleari dell’intero Sud Europa. I bunker interrati di Aviano ospitano più di 50 testate atomiche modello B-61. Una vera «polveriera»

Il New Deal atomico in un angolo di Friuli, appena «conquistato» da Debora Serracchiani. La vera portaerei della Nato in Europa, ma ben lontano dai riflettori concentrati altrove. Il campo base delle missioni di guerra, fin dai tempi del Golfo: oggi sempre più ad ampio raggio, sul fronte giusto. Un mega-appalto senza scadenza: il solito business dello «sviluppo economico» in formato militare. Aviano, meno di 10 mila anime, è un pezzo d’America incistato nella valle del Tagliamento, con la base Usaf che vola al di sopra delle leggi italiane e anche dei trattati internazionali.
Qui magari si vive ancora bene. Belli sicuri, circondati da mimetiche e piloti. Con i dollari che rianimano l’economia in crisi. E una «fabbrica» che custodisce bombe, annichilisce nemici e minaccia di durare all’infinito. Si nota per forza, ma quasi non si vede in mezzo alla campagna lungo via Pionieri dell’aria, la strada provinciale che collega Roveredo in Piano con Aviano. Poi di colpo inizia la recinzione con i cartelli gialli che impongono i divieti della zona militare fino al cancello d’ingresso di fronte al distributore Agip. Fanno impressione, da fuori, le due piste lunghe 2.987 metri affiancate da palazzine alloggi, hangar, torre di controllo e i servizi riservati a chi vive nella base Usa. Qualche chilometro oltre si gioca tranquillamente a golf nelle 18 buche del Club Castel d’Aviano, nel parco di villa Policreti. All’ombra del profilo delle prealpi carniche, si distingue la frazione di Piancavallo abbinata allo sci e al rally. Ma non c’è modo di occultare la vera natura della provincia friulana. Anzi, mai come nelle ultime settimane è chiaro il destino di Aviano, United States. Il neoministro Mario Mauro non farà fatica a declinare la sussidiarietà di fronte al presidente Obama: perfino lui, giovane obiettore di coscienza ciellino, è già sull’attenti. Aviano, la «zona rossa» per mille paracadutisti americani. Un luogo extraterritoriale appeso allo sforzo bellico, in attesa di nuclearizzare anche gli F35. Aviano regala pillole della «guerra permanente» nel fazzoletto di Nord Est appaltatato in conto terzi. Bollettino minimo, eppure ufficialmente sintomatico degli affari atomici e… convenzionali. Cronaca spicciola, dal fronte mimetico dell’unico vero «corridoio 5» dell’Europa.
Bombe
Il 19 marzo 2013, alle 13.10, nella base di Aviano scatta l’allarme rosso. I militari americani imbracciano i fucili mentre i cento civili italiani evacuano in tutta fretta nell’area di sicurezza. Nessuna esercitazione in corso. Anzi. Teste di cuoio armate fino ai denti e artificieri di corsa verso il «reparto tecnico» già mezzo assediato. Al gate d’ingresso i mitra sono puntati sul parabrezza dell’automobile di uno sconosciuto, che ha appena dichiarato di avere… una bomba. Falso allarme, minaccia mitomane durata il tempo di appurare che gli unici ordigni nella base sono le atomiche nei bunker.
Seppellite sottoterra, invisibili ai non addetti, sono tutt’altro che un retaggio del passato: la lista-obiettivi dell’Unione Sovietica è stata sussunta in toto dalla Federazione russa. La Guerra fredda, ad Aviano, continua con i soliti mezzi.
Qui non c’è niente di mistero e segreto. Gli ordigni nucleari B-61 sono indispensabili alla «deterrenza mediterranea» made in Usa. Tutto documentato da almeno tre anni, tant’è che l’ultimo special report (numero 3, maggio 2012) di Federation of American Scientists Non-Strategic intitolato Non Strategic Nuclear Weapons e firmato da Hans M. Kritstensen contabilizza il «contributo» dell’Italia. Un lavoro certosino aveva già restituito nel 2010 lo smantellamento di parte delle 480 bombe nucleari americane presenti dieci anni prima nel vecchio continente. Ordigni parzialmente rimossi o dismessi nelle basi di Araxos (Grecia), Ramstein (Germania) e Lakenheat (Regno Unito), mentre risultano presenti ad Aviano e Ghedi un centinaio di B-61. Come anticipato dal manifesto lo scorso agosto, saranno sostituite con il modello «digitale» B-61-12 per conferire capacità nucleari «tattiche» agli F35. Un’opzione già accesa, attualmente al vaglio (anche) dei generali dell’Aeronautica italiana, visto che una parte dell’arsenale atomico resta a disposizione degli alleati Nato, pronti ad aggiornare i vecchi Tornado.
Revamping
Le carte dell’Us Air Force – pubbliche dal 2009 – svelano i «numeri» della base di Aviano. A partire dalla maxi-ristrutturazione per rendere ancora più operativo lo scalo militare. Il progetto restituisce il peso strategico dell’avamposto friulano insieme al valore dell’investimento americano. Conti alla mano, il revamping si porta via un terzo dell’intero budget dell’aeronautica Usa per l’Europa.
Le cifre della «logistica» della Squadra di supporto aereo (come si può leggere nel sito eddyburg.it grazie al lavoro di Antonio Mazzeo) fanno impressione: una trentina di milioni di dollari per la nuova facility più altri 20 milioni per gli alloggi truppa. Restano a parte le previsioni di spesa del capitolo anti-terrorismo, sempre all’ordine del giorno, mentre spuntano le tracce della gigantesca «alert-area» per mille paracadutisti, che disegna il futuro profilo delle missioni Nato.
Il risultato è una cittadella militare in perenne espansione già abitata da 4 mila residenti (civili americani compresi). Ma i documenti sintetizzano l’indotto della base statunitense: 427 milioni di dollari, di cui 60 ad alimentare gli oltre 1.700 posti di lavoro generati nella zona.
Una cascata di denaro, incanalata sempre «funzionalmente»: i contratti immobiliari dell’amministrazione Usa sono stati distribuiti a un pugno di società nemmeno tutte di provenienza locale. Quantificabili, con esattezza, anche gli interventi pubblici (italiani) a favore della «nuova» base americana: 3 milioni di euro, nel conto per difetto.
Ad Aviano nessuno fa caso agli aerei. Dai tempi di Giolitti decollano e atterrano con ciclo quasi «naturale». La pista è un rumore di fondo, fin dal 1911. Era la scuola di volo dei pionieri dell’aviazione, poi il campo base di tutte le guerre del ’900: dagli Asburgo all’Italia nei due conflitti mondiali, fino alla guerra fredda.
Il perno occidentale
Negli anni Settanta, è il più importante deposito di bombe nucleari dell’intero Sud Europa. I bunker interrati di Aviano ospitano più di 50 testate atomiche modello B-61. Una vera «polveriera», di pronto impiego. Per questo Aviano ancora oggi spicca nella lista-obiettivi dello Stato maggiore russo, mai aggiornata dall’epoca dell’Urss. Del resto, la base è ormai il perno delle guerre occidentali anche in Medio Oriente. Sede ufficiale del 31 Fighter Group dell’Usaf, da un lustro l’aeroporto di Aviano è al centro delle mappe dei militari americane. Tre anni fa l’esercitazione nucleare Steadfast Noon sopra al poligono di Maniago (Pordenone) aveva provato lo stato dell’arte sul disarmo atomico, alla faccia della distensione, dei trattati e delle promesse del Nobel per la pace Obama alla Conferenza di Praga datata 2009.

Sebastiano Canetta ed Ernesto Milanesi - il manifesto

martedì 25 giugno 2013

11 settembre 2001


http://www.consensus911.org/it/

La versione ufficiale sui fatti è stata utilizzata:
  • per giustificare le guerre in Afghanistan e in Iraq, che hanno provocato la morte di milioni di persone
  • per autorizzare torture, tribunali militari, attività illegali
  • per sospendere le libertà garantite dalla Costituzione USA...
Le prove reali contraddicono la versione ufficiale dell’11 settembre...

lunedì 17 giugno 2013

3. La storia di Site Pluto - Progetto MTC, centro di addestramento a Site Pluto

1.a Lo scenario in cui si inserisce Site Pluto - Alcuni numeri …  
1.b Lo scenario in cui si inserisce Site Pluto - Chi sono oggi le vittime delle guerre? 
1.c Lo scenario in cui si inserisce Site Pluto - Da SETAF ad AFRICOM  
2 La storia di Site Pluto ed eventicollegati - comprende Le 4 sorelle: AFRICOM, Ussocom, CoESPU, Site Pluto di Angelo Azzalini



3.a Progetto MTC [Mission Training Complex = complesso per la formazione alla missione], centro di addestramento a Site Pluto

Il Pentagono americano ha previsto di costruire nella metà del 2013 [progetto ora sospeso], all'interno dei 22 ettari del Sito Pluto, un Mission training complex, un Centro per l'addestramento unificato dell'US Army. La struttura si svilupperà su un'area di 5 ettari e "sarà un vero e proprio centro all'avanguardia, dotato di tecnologie di ultima generazione. Potrà ospitare quasi 300 militari al giorno, nel caso delle esercitazioni più gravose. Le unità di stanza a Vicenza, grazie alla nuova struttura, potranno condurre addestramenti mirati, pianificando missioni e simulando ambienti virtuali. L'obiettivo è quello di mantenere «un alto livello di prontezza operativa»", come hanno dichiarato recentemente le autorità statunitensi. Il costo previsto per la ristrutturazione del sito è di circa 21 milioni di €.

"Mission Training Complex", in breve MTC, significa centro di addestramento per le "missioni", cioè addestrare i militari prima di essere inviati in "missione" …
Il nome originario, usato fino a qualche tempo fa, era "Battle Command Training Centers" [BCTC], cioè centri di addestramento per la battaglia … cambia il nome, così dice il sito militare http://www-bctc.army.mil/, ma "non la missione né la visione" ...

Da notare che alla Ederle da più di vent’anni, l’edificio n. 350 è impiegato come Battle Command Training Center (BCTC), un “poligono digitale” per l’addestramento al combattimento dei comandi e delle unità dell’esercito USA (ma anche delle brigate italiane inviate in Afghansitan) e la loro preparazione “all’intero spettro delle operazioni in ambito congiunto, intergovernamentale e/o multinazionale”. Dopo il trasferimento a Longare del BCTC, i militari Usa intenderebbero demolire il vecchio complesso addestrativo di Camp Ederle per “dar vita a uno spazio verde”. [31]
Rendering del centro di addestramento voluto dal Pentagono per la base Pluto a Longare
Ecco il nuovo centro di addestramento voluto dal Pentagono e destinato a site Pluto. Una struttura con pianta a croce, realizzata nella parte più alta della base di Longare, che si svilupperà su un'area di oltre 4 mila metri quadrati. Mentre dalla Ederle mettono le mani avanti specificando che «non verrà finanziato l'anno prossimo o nell'immediato futuro in quanto probabilmente non ci saranno fondi disponibili», il progetto da 26,2 milioni di dollari sulla carta è allo stato avanzato. Come dimostra il rendering pubblicato.
LA COSTRUZIONE. Le polemiche si susseguono. Le parole volano. Ma il documento evidenzia senza dubbi quali sono le intenzioni [soldi permettendo] del Governo statunitense. Come si vede dall'immagine, e come anticipato qualche giorno fa, l'edificio sarà alto poco più di 7 metri e sarà realizzato nella zona collinare di site Pluto, dove allo stato attuale ci sono alcuni bunker di stoccaggio. Sarà recintato. E poco distante ci sarà un cancello con tanto di guardiola per il controllo degli accessi che, con ogni probabilità, non avverranno quindi dalla zona Sud ma a Nord. Per la realizzazione sarà necessario demolire gli spazi al momento esistenti, spostando inoltre alcuni servizi presenti e necessari al funzionamento di tutta la struttura.
L'ESTERNO. La parola d'ordine, secondo quanto fatto sapere, è ecosostenibilità. Da qui la scelta di puntare su pannelli solari, che saranno sistemati sul tetto del centro di addestramento militare, ma anche la volontà di estendere l'edificio in larghezza piuttosto che in lunghezza. Il polo pensato dagli Usa punterà sul risparmio energetico. Ecco dunque che le pareti, il cui colore esterno riprende quello della caserma Ederle e della base Dal Molin, poggeranno su una struttura in cemento armato, ma saranno realizzate con montanti metallici e finiture in pannelli di cartongesso. Poco distante, invece, ci sarà il muro di contenimento di 350 metri a monte del fabbricato e la rete metallica, per riparare il centro da possibili raid terroristici.
L'INTERNO. Il polo studiato dal Dipartimento della difesa statunitense avrà una struttura a forma di croce. In ogni ala troveranno spazio aule specifiche: celle operative, sale conferenze, classi per lo studio teorico, aree di supporto tecnico. Nel cuore del centro ecco le stanze per le revisioni delle azioni appena provate. Perché l'obiettivo, secondo l'intenzione del comando americano, è sopperire alle strutture attuali considerate «insufficienti».
INTERROGAZIONE. Questo il progetto. Resta da capire se ci saranno i soldi oppure no, come comunicato dalla Ederle. Nel frattempo le discussioni continuano. Valerio Sorrentino, consigliere comunale del Pdl, attacca Variati perché «s'interessa di più di quanto accade a Longare rispetto che al degrado sempre più forte che Vicenza presenta nelle proprie strade, tra tossici, sbandati e mendicanti». E aggiunge: «Ci piacerebbe sapere cosa possa interessare ai vicentini che in un paese limitrofo si svolgano addestramenti in una caserma. Il sindaco sa bene che la sua presa di posizione è semplicemente astrusa. Le elezioni, tuttavia, si avvicinano, e non importa quindi cadere nel ridicolo».
IL SILENZIO. Allo stesso tempo il comitato “Rete civica vicentina” manifesta il proprio dissenso parlando di «riconversione illogica». E ancora: «Ci auguriamo che anche il sindaco di Longare, sorpassato a “sinistra” nelle preoccupazioni dal sindaco Variati che ha invece preso più a cuore la questione, sappia andare oltre alla semplice dichiarazione di presa d'atto inerme, preoccupandosi di dare un segnale di attenzione alla tutela del territorio, coinvolgendo la popolazione nel percorso di conoscenza e nelle decisioni. Ci auguriamo possa valutare con una visione di lungo periodo». 
 
Nicola Negrin


3.b Iniziativa del Sindaco di Vicenza
Base USA Pluto, il sindaco Variati: “No a una nuova struttura impattante"

3.c Iniziativa dell'ex Sindaco di Longare, Roberto Walczer  
Non siamo più disposti ad accettare che nei nostri territori, in un momento di crisi internazionale, si continui ad investire sulla macchina della guerra.
Sulle Colline dei Berici (Longare) vicino a Vicenza, oggetto di un ampliamento della Caserma Ederle, sono previsti 26 ml di dollari per una struttura di addestramento delle truppe statunitensi.
Il sito Pluto, già deposito di testate nucleari tattiche, si trova a ridosso di un centro abitato e in posizione collinare, risulta illogico, irrazionale ed immorale consumare ancora territorio italiano, per un'edilizia avulsa dal contesto, ma quello che ci preoccupa di più e che sarà un centro di controllo strategico per azioni militari di guerra della SETAF in tutto il Sud Est del globo.”

Testo della Petizione:
Considerato che a Vicenza (Italia), si è già sacrificato del territorio per l'ampliamento della caserma Ederle (Nuova Dal Molin), considerato che nel Comune di Longare (Vicenza-Italia) esistono già 2 basi militari, una italiana e l'altra in concessione alla SETAF Statunitense, considerato che ogni cittadino Italiano deve rispettare le norme dello Stato Italiano ed in particolare la Costituzione Italiana sia per le norme ed i principi in essa contenuti, in particolare l'Art.11 vista l'intenzione di potenziale tale base chiamata PLUTO (Site Pluto) si chiede che venga abbandonato il progetto di ampliamento e che tale base, vista la posizione a ridosso dell'abitato di Longare, venga dismessa dal Demanio Militare e che ritorni alla collettività italiana, con il vincolo di destinazione pubblica o per iniziative di tipo sociale associazionistico, e che diventi un'officina di persone che abbiano una visione di pace piuttosto che un futuro di guerra.” 
[L'iniziativa si è fermata a meno di 550 firme raccolte]
 

 

 




sabato 8 giugno 2013

L'Italia in guerra anche dopo il 2014


Giuliano Battiston
07.06.2013
Altro che «ritiro». Al vertice Nato decisa la partecipazione a «Resolute Support». Nuova missione dopo l'Isaf, ma il parlamento non ne sa niente. Intanto Berlino dice sì

da http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/9535/

AFGHANISTAN - italia, mondo

Il Parlamento non è stato informato. I cittadini non ne sanno niente. Ed è molto probabile che lo ignorino anche i deputati di Sel e del M5S, che nelle scorse settimane hanno presentato due distinte mozioni per il ritiro accelerato dei soldati italiani dall'Afghanistan: l'Italia si è già impegnata a contribuire militarmente a Resolute Support, la missione della Nato che dall'inizio del 2015 sostituirà la missione Isaf (International Security Assistance Force). A dirlo chiaro è tondo è stato Chuck Hagel, segretario alla Difesa degli Stati uniti, al termine del vertice interministeriale della Nato che si è tenuto il 4 e 5 giugno a Bruxelles. A partecipare c'erano ben 50 ministri della Difesa, provenienti dai 28 paesi membri della Nato e dai 22 paesi "non-Nato" che attualmente contribuiscono alla missione Isaf in Afghanistan. Nelle dichiarazioni successive al vertice, Hagel ha confermato che gli Stati uniti continueranno a essere il paese che più contribuisce in termini militari alla missione Nato in Afghanistan. Ma ha voluto sottolineare il sostegno ricevuto dall'Italia e della Germania: «Apprezziamo gli impegni che altre nazioni stanno assumendo - ha dichiarato -, inclusi gli annunci fatti dalla Germania e dall'Italia secondo i quali assumeranno il compito di nazioni-guida per le aree settentrionali e occidentali». ...

venerdì 7 giugno 2013

No ai Droni assassini










26 marzo 2013: Tutti gli attacchi di droni Usa in Pakistan
dal 2004 a oggi, in un grafico [fonte

numero di morti totali stimati uccisi da droni: 2761 
numero di bambini uccisi da droni: 173
numero di civili uccisi da droni: 513

vedi anche:

mercoledì 5 giugno 2013

da http://www.disarmo.org/nof35/stop-allacquisto-di-90-caccia-f35-mozione-5-stelle

“Stop all’acquisto di 90 caccia F35” Mozione 5 Stelle - Sel, firmano 14 Pd

30 maggio 2013
«Quattro miliardi sono a bilancio per il solo 2013, mentre non sappiamo ancora come sarà finanziata la cassa integrazione in deroga. La spesa complessiva è di 12,9 miliardi, sufficienti per mettere in sicurezza ottomila scuole, costruire tremila asili nido. Si tratta – ha proseguito Marcon – di una misura da varare prima possibile: un impegno che il prossimo governo deve prendere nei primi 100 giorni. Il governo che deve nascere deve mettere tra le sue priorità la riduzione delle spese militari per destinare le risorse risparmiate agli interventi contro la crisi, al welfare, al rifinanziamento del servizio civile».
Nella mozione viene sottolineato come nel corso del tempo il programma degli F35 abbia visto incrementare sempre più i costi (si parla di un’operazione da oltre 15 miliardi di euro, senza contare le spese di manutenzione):
Mozione NO F-35 Camera - PaolicelliUna mozione per chiedere che il governo italiano abbandoni il programma F35 della Lockheed Martin, destinando i circa 12/13 miiardi di euro di spesa previsti per l’acquisto dei 90 caccia agli investimenti pubblici. E’ la richiesta contenuta nella mozione firmata da 158 deputati: i gruppi parlamentari del MoVimento Cinque Stelle e di Sinistra Ecologia e Libertà a cui si sono aggiunti 14 colleghi del Partito Democratico, tra cui Pippo Civati e Fausto Raciti.
«Definire gli F35 strumenti di pace è ridicolo – dichiara Giulio Marcon, deputato di Sel, in risposta ad una recente dichiarazione del ministro alla Difesa Mario Mauro (Scelta Civica) – Possiamo fare tranquillamente a meno degli F35 ma non di ospedali che funzionano o di lottare contro la disoccupazione». Gli fa eco Giuseppe Brescia del MoVimento Cinque Stelle: «Questa dovrebbe essere una priorità anche per le altre forze politiche. Vorremmo che i 14 ‘coraggiosi’ del Pd trascinassero anche gli altri». Fonti di Montecitorio raccontano di pesanti pressioni dai vertici del gruppo Pd che hanno reso impossibile la firma di almeno altri 20 democratici interessati. Nessuno dei firmatari Pd ha preso parte alla conferenza stampa alla Camera per la presentazione della mozione.
Nel testo si invita il governo a rivedere i piani sull’acquisto del nuovo modello di difesa “sulla base del dettato costituzionale e della nostra politica estera” e a destinare le somme risparmiate alla “messa in sicurezza degli edifici scolastici, al riassetto idrogeologico del territorio, ad un piano pluriennale per l’apertura di asili nido”.
«Con le stesse risorse – conclude il deputato di Sel – si potrebbe varare un piano straordinario di piccole opere (tra cui quelle indicate nella mozione) con le quali creare molti posti di lavoro in più e dare risposta ai bisogni sociali più urgenti del paese. E’ quello che ci hanno chiesto in questi mesi le campagne di “Taglia le ali alle armi”, le cui richieste ci impegniamo a sostenere in Parlamento».
La critica insita nella mozione non è solo economica: «Se si riuscissero a risolvere i numerosi problemi tecnici del progetto – ha sostenuto Luca Frusone di M5S – si tratterebbe comunque di velivoli con tecnologie per la penetrazione di profondità nei cieli più sicuri. E’ un aereo di attacco, destinato più che alla pace a rendere difficile il dialogo con altre potenze». Massimo Paolicelli, rappresentante delle associazioni riunite nella campagna «Tagliamo le ali alle armi», ha ricordato le «80mila firme raccolte contro gli F35, le oltre 600 associazioni coinvolte, gli 80 ordini del giorno approvati da enti locali che chiedono di fermare il programma».

lunedì 3 giugno 2013

11 settembre 2001

dal sito http://www.consensus911.org/it/

L’importanza dell’11 settembre 2001

L’11 settembre 2001 sembra destinato a fare da spartiacque storico nella nostra vita ed a rappresentare un test di enorme importanza per la democrazia del nostro tempo”. Le prove di una complicità governativa precedente agli eventi di quel giorno, l’incapacità di reagire durante quegli eventi, e la stupefacente mancanza di una qualunque indagine significativa in seguito, come lo stesso aver ignorato le prove esterne che rendono la versione ufficiale impossibile, possono anche rappresentare la fine dell’esperienza americana. “L’11 settembre è stato utilizzato in ogni maniera possibile per legalizzare la repressione in casa propria, e come pretesto per un comportamento di tipo imperiale all’estero. Finché non pretenderemo un’indagine onesta, completa ed indipendente che chieda conto dei fatti a tutti coloro le cui azioni o non-azioni hanno portato a quegli eventi, ed al loro insabbiamento, la nostra Repubblica e la nostra Costituzione rimarranno in grave pericolo.”
Lt. Col. Shelton F. Lankford, US Marine Corps (ret.)

 

L’intento del 9/11 Consensus Panel

L’intento del 9/11 Consensus Panel è quello di presentare chiaramente al mondo alcune fra le prove più convincenti che smentiscono la versione ufficiale dei fatti dell’11 settembre, basandosi sull’opinione di esperti indipendenti.
Lo scopo del 9/11 Consensus Panel è quello di fornire una fonte selezionata di ricerca, basata su prove tangibili, per qualunque indagine possa venire intrapresa dal pubblico, dai media, dagli accademici o da qualsivoglia ente o istituzione investigativi. 

 

L’autorevolezza del 9/11 Consensus Panel

I “punti di consenso” sono risultati da una indagine condotta con il metodo Delphi fra oltre 20 esperti della Commissione, che li hanno graduati secondo un punteggio da 1 a 6, dopo tre tornate di revisioni e di commenti, restando ciascuno all’oscuro dell’identità e delle risposte altrui.
Il Metodo Delphi è un classico metodo di consenso che usa una collaudata metodologia per accrescere la conoscenza scientifica in campi come quello della medicina.
I punti di consenso presentati hanno quindi ricevuto l’approvazione da parte di almeno il 90% di oltre 20 persone (nella letteratura scientifica questa è considerata una alta percentuale).
Unitamente agli estratti video professionali che accompagneranno ciascuno dei Punti, questa indagine controllata fra i Membri della Commissione intende ridurre la confusione e le controversie che riguardano i fatti dell’11 settembre, incoraggiando i media ad affrontare tutti gli aspetti della vicenda.
I “Punti di Consenso” sono supportati da un’ampia documentatazione fatta da testimonianze personali, resoconti ufficializzati dei pompieri, comunicazioni iniziali da parte di giornali e televisione, libri ed articoli di esperti ricercatori.